Post by nutInfatti, potrei impugnare la delibera, ci sto pensando, ma sono indecisa
perché non ho idea dei tempi che ci vogliano per risolvere queste questioni...
sono molto ignorante in materia, non ho neanche idea di come si debba procedere.
D'altro canto penso di aver capito che, visto che si è derogato ad un articolo
del c.c. ed anche del regolamento condominiale, senza l'approvazione all'unanimità,
l'assemblea dovrebbe essere nulla.
DIRITTO CONDOMINIALE. Forma dell'impugnazione delle delibere
assembleari, computo e decorrenza del termine. Cass. civ. Sez. Un. n.
8491 del 14 aprile 2011.
NOTA dell'Avv. Silvia GENNARO.
“Le impugnazioni delle delibere dell’assemblea condominiale, in
applicazione della regola generale dettata dall’art. 163 c.p.c. vanno
proposte con citazione, non disciplinando l’art. 1137, II comma, c.c.,
la forma di tali impugnazioni”.
La recente pronuncia in oggetto delle Sezioni Unite, consente di
affrontare, in tema di impugnazione delle delibere assembleari
condominiali, il tema della forma delle impugnazioni delle delibere
stesse e, più nello specifico, se esse debbano essere proposte
necessariamente con ricorso, come parrebbe imporre la lettera dell’art.
1137, II comma, c.c. ovvero siano validamente impugnabili anche in forma
di atto citazione, in ossequio ai criteri generali stabiliti dal codice
di procedura civile.
La vicenda ha origine in primo grado dalla domanda di due condomini
–volta all’annullamento di una delibera assembleare evidentemente a loro
sfavorevole – dichiarata inammissibile dal giudice di primo grado per
tardività della domanda, perchè effettuata oltre il termine di trenta
giorni previsto a pena di decadenza dal terzo comma dell’art. 1137 c.c.
che ricorre, come noto, dalla data di deliberazione per i dissenzienti
e da quella di comunicazione per gli assenti.
In sede di gravame, proposto dai due condomini soccombenti, la Corte
d’Appello confermava la decisione presa dal giudice di prime cure
rilevando che un giudizio volto ad inficiare la validità di una delibera
assembleare come quello cui ci si riferiva introdotto con citazione
anzichè con ricorso, aveva provocato la conseguente invalidità
dell’atto, non sanata dalla sola tempestiva notifica, mancando il
deposito in cancelleria entro il termine di trenta giorni, così come
stabilito dall'art. 1137 c.c..
I due condomini proponevano infine ricorso in sede di legittimità; la
Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassato la sentenza
impugnata e rinviato la causa ad altra sezione della Corte d’Appello che
aveva deciso in precedenza, sulla base delle motivazioni che seguono.
Le ragioni di doglianza sollevate dai due condomini ricorrenti -che
hanno poi portato ad un ribaltamento delle decisioni dei giudici dei
gradi precedenti - attengono ad un tema che ha comportato notevoli
contrasti giurisprudenziali in sede di legittimità, tanto da ritenersi
necessaria una pronuncia chiarificatrice delle Sezioni Unite.
A metà degli anni settanta, si faceva largo la tesi secondo la quale
l’impugnazione del condomino dissenziente contro la deliberazione
dell’assemblea dei condomini per contrarietà a norma di legge o del
regolamento condominiale doveva proporsi all’autorità giudiziaria con
ricorso anzichè con citazione, appunto in virtù dell’espresso
riferimento normativo operato dall’art. 1137, II comma, c.c. , dove si
usava l'espressione letterale "ricorso" in senso tecnico per
salvaguardare l'esigenza, non ravvisata per le delibere collegiali
adottate dagli organi della comunione in genere (artt. 1107 - 1109
c.c.), di risolvere sollecitamente le questioni concernenti la gestione
del condominio ( Cass. Civ. sez. II, 5 maggio 1975, n. 1716).
Il fatto che la suddetta impugnazione avvenisse con ricorso, non
significava certo che essa dava luogo ad un procedimento di volontaria
giurisdizione da celebrare nelle forme dei procedimenti in camera di
consiglio, di cui agli artt.737 e ss c.p.c., bensì ad un procedimento
contenzioso, soggetto al principio del contraddittorio (art. 101
c.p.c.), con la conseguente costituzione del rapporto processuale solo
nel momento della notifica del ricorso alla controparte e non già nel
momento del suo deposito in cancelleria.
Pertanto, il termine di decadenza di trenta giorni, di cui all’ultimo
comma dell’art. 1137 c.c., doveva considerarsi rispettato solo se entro
trenta giorni dalla comunicazione della deliberazione il ricorso venisse
ritualmente notificato.
Un’interpretazione restrittiva di tal guisa era certamente giustificata
dalla necessità di ridurre -per quanto questo fosse possibile in un
ambito ad altissimo indice di litigiosità- questioni “formali” che
potessero intralciare la gestione delle questioni attinenti il condominio.
Tuttavia, è principio consolidato nel nostro ordinamento, quello di
conservazione, che risponde al tentativo di preservare l’eventuale
paralisi della macchina giudiziaria a causa di mere irregolarità
formali prontamente ed altrimenti sanabili.
Pertanto, in ossequio alla ratio che sottende tale principio ed anche in
virtù della disciplina relativa alla sanabilità della instaurazione con
citazione dei giudizi per i quali è stabilita la forma del ricorso
-lavoro dipendente, separazione personale tra coniugi, cessazione degli
effetti civili e dello scioglimento del matrimonio, locazioni - la
giurisprudenza di fine anni ottanta lasciava aperto uno spiraglio alla
validità delle impugnazioni delle deliberazioni condominiali attraverso
l’atto di citazione, nonostante considerate irrituali, “a condizione
però che nel termine di trenta giorni l'atto non sia soltanto
notificato, ma anche depositato in cancelleria, poichè unicamente in tal
caso può essere equiparato a un ricorso” (Cass. 27 febbraio 1988 n. 2081).
La giurisprudenza, più di recente, ha però seguito parallelamente anche
un diverso orientamento, e cioè quello secondo il quale l'impugnazione
della delibera dell'assemblea condominiale si può realizzare
indifferentemente con ricorso o con atto di citazione, ma in
quest'ultima ipotesi è sufficiente la tempestiva notificazione della
citazione, non occorrendo anche il suo deposito in cancelleria, che può
avvenire successivamente al momento della iscrizione a ruolo della causa
(Cass. 16 febbraio 1988 n. 1662; Cass. 30 luglio 2004 n. 14560; Cass. 11
aprile 2006 n. 8440; Cass. 27 luglio 2006 n. 17101; Cass. 28 maggio 2008
n. 14007).
E’ per questi motivi che, di fronte ad una tale molteplicità di
orientamenti giurisprudenziali, come già accennato, è scaturita la
necessità di un intervento chiarificatore da parte della Sezioni Unite
della Corte di Cassazione.
L’assunto da cui parte il Supremo Collegio è che l’art. 1137, II comma,
c.c., non disciplina la forma che deve assumere l'atto introduttivo dei
giudizi di cui si tratta, nonostante la lettera della stessa norma che
parla di “ricorso” all’autorità giudiziaria.
A detta degli ermellini, nel nostro ordinamento “il termine ricorso è
spesso utilizzato per indicare l'atto con cui si reagisce, eventualmente
anche in sede stragiudiziale, alla lesione di un diritto” e così
nell’art. 1137 c.c., dove il medesimo termine avrebbe la valenza di
“istanza giudiziale”, argomentando che l'art. 1133 c.c., prevede la
possibilità del "ricorso all'assemblea" contro i provvedimenti
dell'amministratore, mentre la parola "citazione" nell'art. 1131 c.c.,
indica tutti gli atti con cui il condominio è "convenuto in giudizio",
atti che ben possono avere la forma del ricorso quando si verte in
materie per le quali è previsto.
A rigor di logica infatti, le impugnazioni delle deliberazioni
assembleari, per caratteristiche intrinseche nonché procedimentali,
necessariamente sono disciplinate dalle comuni norme procedurali,
mancando invece in materia tutta una serie di regole –propria dei
ricorsi- volta a snellire e velocizzare le materie cui essi si applicano.
Ritenendo valide queste premesse e, di conseguenza, nulla disponendo
l’art. 1137 c.c. in merito alla corretta forma dell’impugnazione delle
delibere assembleari, ai dissenzienti ed agli assenti è consentito agire
in giudizio nelle forme dell’art. 163 c.c., ossia seguendo la disciplina
generale, secondo la quale la domanda introduttiva del giudizio va
proposta con citazione.
Così facendo, si risolve anche la problematica consequenziale alla tesi
restrittiva inizialmente enunciata, ossia la necessità di impugnare in
forme diverse, rispettivamente con citazione e con ricorso, la stessa
deliberazione assembleare che si deduce essere affetta da vizi che ne
comportino sia la nullità che l’annullabilità, visto che l’art. 1137
c.c. si riferisce alle sole ipotesi di annullabilità.
Il principio di diritto enunciato a seguito della decisione in oggetto
è, pertanto, il seguente: "l'art. 1137 c.c., non disciplina la forma
delle impugnazioni delle deliberazioni condominiali, che vanno pertanto
proposte con citazione, in applicazione della regola dettata dall'art.
163 c.p.c.".
Ne consegue che, rispetto alle premesse, la situazione è ribaltata nel
senso che è l'adozione della forma del ricorso a non escludere
l'idoneità al raggiungimento dello scopo di costituire un valido
rapporto processuale, che sorge già mediante il tempestivo deposito in
cancelleria. Non pare invece corretto estendere alla notificazione la
necessità del rispetto del termine in quanto ciò non risponde ad alcuno
specifico e concreto interesse del convenuto, gravando l'attore di un
incombente il cui inadempimento può non dipendere da una sua inerzia, ma
dai tempi impiegati dall'ufficio giudiziario per la pronuncia del
decreto di fissazione dell'udienza di comparizione.
A titolo di completezza occorre evidenziare che, con la sentenza n. 8536
del 2009, la Suprema Corte ha chiarito che anche l'appello avverso la
sentenza che abbia pronunciato sull'impugnazione di una delibera
dell'assemblea condominiale, in assenza di previsioni di legge ad hoc,
va proposto - secondo la regola generale contenuta nell'art. 342 c.p.c.
con citazione, con la conseguenza che la tempestività dell'appello, va
verificata in base alla data di notifica dell'atto di citazione e non
alla data di deposito dell'atto di gravame nella cancelleria del giudice
ad quem.
In conclusione si può affermare, dunque, che dopo lunga attesa, la
sentenza in oggetto cambia le regole del processo di impugnazione delle
delibere assembleari che fino ad ora si pensava potesse essere
introdotto anche con lo strumento del ricorso.
E come se i giudici avessero così anticipato il contenuto della riforma
del condominio che prevede, appunto, per l'impugnazione delle delibere
dell'assemblea, lo strumento della citazione e non del ricorso.
Il nuovo principio di diritto, trattandosi di interpretazione di regola
processuale, si applica da subito a tutti i processi non ancora
conclusi, con le importanti conseguenze che molti procedimenti
potrebbero subire.
__________________________