Roberto Deboni DMIsr
2019-05-16 16:00:21 UTC
Cassazione Penale IV sezione, sentenza n.39293/2018
"La giurisprudenza di legittimità ha avuto modo, in più occasioni, di
puntualizzare come, in tema di prova atipica, siano legittime e
pienamente utilizzabili, senza alcuna necessità di autorizzazione
dell'autorità giudiziaria, le videoriprese eseguite da privati
mediante telecamera esterna installata sulla loro proprietà, che
consentono di captare ciò che accade nell'ingresso, nel cortile e
*sui balconi del domicilio di terzi* , i quali, rispetto alle azioni
che ivi si compiono, non possono vantare alcuna pretesa al rispetto
della riservatezza, trattandosi di luoghi, che, pur essendo di privata
dimora, sono liberamente visibili dall'esterno, senza ricorrere a
particolari accorgimenti (Sez. 2, sent. n. 46786 del 24/10/2014,
PG. PC. E Borile, Rv. 261053; Sez. 2, sent. n. 22093 del 2015,
Borghi e altri).
Ciò valga a maggior ragione nel caso di specie ove la videocamera
riprendeva la pubblica piazza antistante lo studio-abitazione della
persona offesa."
Ed i testimoni fasulli:
"... atto di pregressi e motivi di astio del Colizzi con l'odierna
persona offesa ..."
non avranno piu' portata cosi' grave. Il Giudice che ha rifiutato
la prova e' stato cassata su ogni fronte.
Se non avete capito: questa sentenza legittima le videriprese fatte
dalla propria abitazione della pubblica piazza e dei balconi dei
vicini. Punto.
Ma una sentenza fresca, fresca, va ben oltre:
Cassazione Penale V sezione, sentenza n.20527/2019
Il Tribunale di Chieti dichiarava M.P. e S.M. colpevoli del reato di
violenza privata consistita nell'installare sul muro perimetrale delle
rispettive abitazioni telecamere a snodo telecomandabile per ripresa
visiva e sonora, orientate su zone e aree aperte al pubblico transito,
costringendo gli abitanti della zona , e in particolare le costituite
parti civili, a tollerare di essere costantemente osservati e
controllati nell'espletamento delle loro attività lavorative e nei loro
movimenti; controlli che venivano poi puntualmente riferiti e
utilizzati strumentalmente per rimarcare la commissione di
presunti illeciti che sarebbero stati perseguiti mediante esposti e
denunce effettivamente poi inoltrati alle competenti autorità di P.S.
La Corte d'Appello riduceva solo la pena da un anno a 6 mesi di
reclusione.
Tra i motivi del contendere, piu' o meno esplicitati:
"esalazioni provenienti da laboratori artigianali della zona e
dalle deiezioni dei cani lasciate dinanzi alla sua abitazione"
Ed arriviamo alla Cassazione:
1. Il ricorso è fondato non essendo ravvisabile, nella condotta
contestata, il reato di violenza privata.
Nel dettaglio, secondo la suprema corte:
"
...
installazione di sistemi di videosorveglianza con riprese del pubblico
transito non costituisce in sé un'attività illecita , né lo sono le
concrete modalità di attuazione della condotta descritta in imputazione,
e neppure è ravvisabile, nel prospettato cambiamento di abitudini che
si sarebbe registrato da parte di alcuni abitanti - con l'individuare
percorsi alternativi per rientrate in casa, o altre aree di sosta dei
veicoli, per sottrarsi alle riprese delle telecamere in questione -
l'offesa al bene giuridico protetto dalla norma di cui all'art. 610
cod.pen., trattandosi di condizionamenti minimi indotti dalle condotte
de quibus, tali da non potersi considerare espressivi di una
significativa costrizione della libertà di autodeterminazione."
La suprema corte e' andata a delimitare il limite delle due
sfere di liberta': se e' vero che uno ha quello di non essere
spiato, l'altro ha pero' la liberta' di vigilare sui propri
interessi. Quello che finora e' stato fatto e dare il 100% di
ragione ai primi senza nulla concedere ai secondi. La Cassazione
ha invece stabilito dove sta una equa via di mezzo:
"... ciò che rileva qui è il bilanciamento tra il valore fondamentale
della libertà individuale, e altri, come quello della sicurezza,
parimenti presidiati."
Ecco le condizioni:
"Ora, in materia di riprese tramite strumenti di videosorveglianza,
il sistema positivo prevede che chiunque installi un sistema di
videosorveglianza deve provvedere a segnalarne la presenza, facendo
in modo che qualunque soggetto si avvicini all'area interessata dalle
riprese sia avvisato della presenza di telecamere già prima di entrare
nel loro raggio di azione. La segnalazione deve essere effettuata
tramite appositi cartelli, collocati a ridosso dell'area interessata,
ed in modo tale che risultino chiaramente visibili. ( "Codice in
Materia dei Dati Personali"). Precauzioni e avvertimenti che risultano
rispettati nel caso di specie, secondo quanto emerge dalla
ricostruzione dei giudici di merito."
"... se, per un verso, l'avvertimento, rectius, la consapevolezza
della presenza del sistema di videosorveglianza può costituire un
condizionamento della libertà di movimento del cittadino, d'altro
canto, consente a quest'ultimo di determinarsi cognita causa,
selezionando i comportamenti consequenziali da tenere. Si tratta,
dunque, di un *delicato equilibrio di compromesso* tra libertà
individuali ed esigenze di sicurezza sociale."
Interessante anche la precisazione sulla "potenzialita'"
persecutoria delle immagini acquisite:
"Quanto, poi, alle successive condotte, di cui pure vi è traccia
nell'imputazione, con le quali i ricorrenti avrebbero rappresentato,
in plurime occasioni, l'intenzione - peraltro attuata - di sporgere
denuncia per i fatti illeciti emergenti dalle videoriprese, trattasi
di condotte in ordine alle quali possono al più ritenersi integrati i
singoli reati di minaccia, di molestia, di ingiuria, ma non quello di
violenza privata. Trattasi, infatti, di un uso strumentale o molesto
delle immagini catturate dalle telecamere di videosorveglianza,
*attuato successivamente a tale azione* e, dunque, estraneo allo
schema legale della fattispecie di violenza privata."
Cioe' la videosorveglianza in se' non puo' ritenersi persecutoria,
ma solo l'uso che se ne fa puo' avere potenziale persecutorio.
Insomma: il timore di abuso non equivale all'abuso (altrimenti
facciamo un mondo tipo Minority Report ...).
"L'epilogo del presente giudizio di legittimità è l'annullamento
senza rinvio della sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste,
a cui consegue la revoca delle statuizioni rese nei gradi di merito
in favore delle costituite parti civili."
Insomma, le sentenze sono state cassate in tronco.
Una sbadilata sui denti agli esalatori e defecatori, che ora si
trovano a dovere rimborsare tutte le spese legali e pagare
quelle delle vere vittime.
Se non avete capito: e' lecito mettere le telecamere,
anche teleorientabili, esternamente ai muri, puntando sulla
pubblica via, anche con negozi e porte lungo la visuale.
Basta indicare la loro presenza come da legge.
"La giurisprudenza di legittimità ha avuto modo, in più occasioni, di
puntualizzare come, in tema di prova atipica, siano legittime e
pienamente utilizzabili, senza alcuna necessità di autorizzazione
dell'autorità giudiziaria, le videoriprese eseguite da privati
mediante telecamera esterna installata sulla loro proprietà, che
consentono di captare ciò che accade nell'ingresso, nel cortile e
*sui balconi del domicilio di terzi* , i quali, rispetto alle azioni
che ivi si compiono, non possono vantare alcuna pretesa al rispetto
della riservatezza, trattandosi di luoghi, che, pur essendo di privata
dimora, sono liberamente visibili dall'esterno, senza ricorrere a
particolari accorgimenti (Sez. 2, sent. n. 46786 del 24/10/2014,
PG. PC. E Borile, Rv. 261053; Sez. 2, sent. n. 22093 del 2015,
Borghi e altri).
Ciò valga a maggior ragione nel caso di specie ove la videocamera
riprendeva la pubblica piazza antistante lo studio-abitazione della
persona offesa."
Ed i testimoni fasulli:
"... atto di pregressi e motivi di astio del Colizzi con l'odierna
persona offesa ..."
non avranno piu' portata cosi' grave. Il Giudice che ha rifiutato
la prova e' stato cassata su ogni fronte.
Se non avete capito: questa sentenza legittima le videriprese fatte
dalla propria abitazione della pubblica piazza e dei balconi dei
vicini. Punto.
Ma una sentenza fresca, fresca, va ben oltre:
Cassazione Penale V sezione, sentenza n.20527/2019
Il Tribunale di Chieti dichiarava M.P. e S.M. colpevoli del reato di
violenza privata consistita nell'installare sul muro perimetrale delle
rispettive abitazioni telecamere a snodo telecomandabile per ripresa
visiva e sonora, orientate su zone e aree aperte al pubblico transito,
costringendo gli abitanti della zona , e in particolare le costituite
parti civili, a tollerare di essere costantemente osservati e
controllati nell'espletamento delle loro attività lavorative e nei loro
movimenti; controlli che venivano poi puntualmente riferiti e
utilizzati strumentalmente per rimarcare la commissione di
presunti illeciti che sarebbero stati perseguiti mediante esposti e
denunce effettivamente poi inoltrati alle competenti autorità di P.S.
La Corte d'Appello riduceva solo la pena da un anno a 6 mesi di
reclusione.
Tra i motivi del contendere, piu' o meno esplicitati:
"esalazioni provenienti da laboratori artigianali della zona e
dalle deiezioni dei cani lasciate dinanzi alla sua abitazione"
Ed arriviamo alla Cassazione:
1. Il ricorso è fondato non essendo ravvisabile, nella condotta
contestata, il reato di violenza privata.
Nel dettaglio, secondo la suprema corte:
"
...
installazione di sistemi di videosorveglianza con riprese del pubblico
transito non costituisce in sé un'attività illecita , né lo sono le
concrete modalità di attuazione della condotta descritta in imputazione,
e neppure è ravvisabile, nel prospettato cambiamento di abitudini che
si sarebbe registrato da parte di alcuni abitanti - con l'individuare
percorsi alternativi per rientrate in casa, o altre aree di sosta dei
veicoli, per sottrarsi alle riprese delle telecamere in questione -
l'offesa al bene giuridico protetto dalla norma di cui all'art. 610
cod.pen., trattandosi di condizionamenti minimi indotti dalle condotte
de quibus, tali da non potersi considerare espressivi di una
significativa costrizione della libertà di autodeterminazione."
La suprema corte e' andata a delimitare il limite delle due
sfere di liberta': se e' vero che uno ha quello di non essere
spiato, l'altro ha pero' la liberta' di vigilare sui propri
interessi. Quello che finora e' stato fatto e dare il 100% di
ragione ai primi senza nulla concedere ai secondi. La Cassazione
ha invece stabilito dove sta una equa via di mezzo:
"... ciò che rileva qui è il bilanciamento tra il valore fondamentale
della libertà individuale, e altri, come quello della sicurezza,
parimenti presidiati."
Ecco le condizioni:
"Ora, in materia di riprese tramite strumenti di videosorveglianza,
il sistema positivo prevede che chiunque installi un sistema di
videosorveglianza deve provvedere a segnalarne la presenza, facendo
in modo che qualunque soggetto si avvicini all'area interessata dalle
riprese sia avvisato della presenza di telecamere già prima di entrare
nel loro raggio di azione. La segnalazione deve essere effettuata
tramite appositi cartelli, collocati a ridosso dell'area interessata,
ed in modo tale che risultino chiaramente visibili. ( "Codice in
Materia dei Dati Personali"). Precauzioni e avvertimenti che risultano
rispettati nel caso di specie, secondo quanto emerge dalla
ricostruzione dei giudici di merito."
"... se, per un verso, l'avvertimento, rectius, la consapevolezza
della presenza del sistema di videosorveglianza può costituire un
condizionamento della libertà di movimento del cittadino, d'altro
canto, consente a quest'ultimo di determinarsi cognita causa,
selezionando i comportamenti consequenziali da tenere. Si tratta,
dunque, di un *delicato equilibrio di compromesso* tra libertà
individuali ed esigenze di sicurezza sociale."
Interessante anche la precisazione sulla "potenzialita'"
persecutoria delle immagini acquisite:
"Quanto, poi, alle successive condotte, di cui pure vi è traccia
nell'imputazione, con le quali i ricorrenti avrebbero rappresentato,
in plurime occasioni, l'intenzione - peraltro attuata - di sporgere
denuncia per i fatti illeciti emergenti dalle videoriprese, trattasi
di condotte in ordine alle quali possono al più ritenersi integrati i
singoli reati di minaccia, di molestia, di ingiuria, ma non quello di
violenza privata. Trattasi, infatti, di un uso strumentale o molesto
delle immagini catturate dalle telecamere di videosorveglianza,
*attuato successivamente a tale azione* e, dunque, estraneo allo
schema legale della fattispecie di violenza privata."
Cioe' la videosorveglianza in se' non puo' ritenersi persecutoria,
ma solo l'uso che se ne fa puo' avere potenziale persecutorio.
Insomma: il timore di abuso non equivale all'abuso (altrimenti
facciamo un mondo tipo Minority Report ...).
"L'epilogo del presente giudizio di legittimità è l'annullamento
senza rinvio della sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste,
a cui consegue la revoca delle statuizioni rese nei gradi di merito
in favore delle costituite parti civili."
Insomma, le sentenze sono state cassate in tronco.
Una sbadilata sui denti agli esalatori e defecatori, che ora si
trovano a dovere rimborsare tutte le spese legali e pagare
quelle delle vere vittime.
Se non avete capito: e' lecito mettere le telecamere,
anche teleorientabili, esternamente ai muri, puntando sulla
pubblica via, anche con negozi e porte lungo la visuale.
Basta indicare la loro presenza come da legge.